Di latte e miele by Jean Mattern

Di latte e miele by Jean Mattern

autore:Jean Mattern [Mattern, Jean]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788858405642
editore: Einaudi
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


Capitolo ottavo

Stefan ha continuato a esercitarsi fino al giorno precedente la partenza. Sentivo il suono del violoncello molto prima di arrivare a casa di suo zio e dei suoi nonni, proprio in fondo alla via serba, e rallentavo il passo. L’estate non aveva ancora lasciato il Banato, e lui ripeteva le scale con le finestre aperte. Nessuno ci faceva caso tranne me: la cittadina di Ciacova aveva ben altri pensieri. Andarsene o restare. Non nutrire piú alcuna speranza o aspettare il ritorno di un marito, di un figlio, di un fratello. Salvarsi la pelle o dichiarare la propria appartenenza a una terra. Erano queste le nuove linee di frattura in una comunità nella quale tutti sapevano da dove erano venuti i propri avi, anche se le strade da tracciare su una carta geografica per dimostrarlo non andavano mai in un’unica direzione. Quanto a sapere a che popolo appartenessimo, un esame approfondito dei registri dell’anagrafe non sarebbe stato di grande utilità – perché fra svevi, alsaziani, ungheresi, serbi e ovviamente rumeni, il matrimonio aveva assai spesso confuso le tracce. Stefan si rifiutava di ascoltare quando affrontavo il discorso: quando, quel pomeriggio di settembre, gli dissi che i Weber erano arrivati da Strasburgo e non dalla Germania, e che i miei nonni materni erano ungheresi. Sapeva anche ciò che talvolta si mormorava, a Ciacova, sull’origine dei Cziporisz, i miei nonni materni, se ci si prendeva la briga di risalire un po’ nel tempo, solo di un’altra generazione. Quanto a Stefan, aveva una nonna serba. Glielo ricordai scherzando sul suo secondo nome di battesimo, Dositej – dopotutto, lo avevamo preso abbastanza in giro all’inizio di ogni nuovo anno scolastico, quando il maestro faceva l’appello pronunciando per esteso nomi e cognomi. Stefan era stato battezzato cosí in onore del grande viaggiatore, ministro e monaco Dositej Obradović, l’unica celebrità nata a Ciacova, a metà del Settecento, e imparentata con la famiglia di sua nonna. Obradović doveva aver visto arrivare da ovest la prima ondata di coloni, quegli austriaci, bavaresi e alsaziani che venivano chiamati svevi. Poi se n’era andato anche lui, a fare il giro del mondo o quasi: il monte Athos, la Russia, Londra e Parigi, prima di diventare linguista, e infine ministro a Belgrado.

Ma Stefan se ne fregava di quel retaggio, non gli importava nulla – mi disse – di essere un discendente di colui che veniva generalmente considerato il padre della letteratura serba. Con il violoncello ancora stretto fra le gambe, mi dichiarò di voler «tornare in Germania». Non sapevo cosa rispondere, ma gli fui grato di non aver perlomeno ripetuto quel «Voglio tornare nel Reich» che mi aveva gettato in faccia qualche giorno prima. L’idea di un ritorno si era diffusa in tutta la regione dall’inizio della guerra, da quell’accordo firmato a Vienna nell’agosto 1940 che conferiva un regime particolare alla minoranza di lingua tedesca in Romania. Ancor peggio, l’accordo negoziato fra la Wehrmacht e il governo rumeno aveva permesso di includere nell’esercito hitleriano oltre cinquantamila uomini, in virtú della loro presunta appartenenza al grande popolo tedesco.



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